La storia dello Shotokan

La storia dello Shotokan

Sarebbe stato difficile per chiunque prevedere la vastità della catastrofe che colpì Tokyo il primo giorno di settembre del 1923. Fu quello il giorno del Grande Terremoto di Kanto. Tutte le costruzioni della zona erano fatte di legno, e nelle ore di fuoco furibondo che seguirono il sisma, la grande capitale fu ridotta in rovina. Il mio dojo, fortunatamente, scampò alla distruzione, ma molti dei miei allievi semplicemente svanirono nell’olocausto di edifici caduti e bruciati.

Noi che sopravvivemmo facemmo tutto il possibile per soccorrere i feriti e i senzatetto nei giorni immediatamente successivi al terribile disastro. Con quelli dei miei allievi che non erano stati mutilati o uccisi, mi unii ad altri volontari per aiutare a procurare cibo per i profughi, per rimuovere macerie e per assistere nell’opera di sistemazione dei corpi dei defunti.

Naturalmente, l’insegnamento del karate era stato temporaneamente rinviato, ma salvare una vita non poteva esserlo altrettanto. Dopo poco, una trentina di noi trovò lavoro al ciclostile della Banca Daiichi Sogo. Non ricordo più quanto fossimo pagati né quanto tempo lavorammo, ma, mi ricordo, quel viaggio quotidiano dal dojo di Suidobata alla banca di Kyobashi sembrava non finisse mai.

Mi ricordo un particolare di quel pendolarismo quotidiano. A quei tempi, pochissima gente indossava scarpe nelle strade delle città giapponesi; ognuno calzava sandali o zoccoli di legno chiamati “geta”. C’è un tipo di questi ultimi chiamato “hoba no geta”, che sotto ha due denti estremamente lunghi e talvolta uno solo, ed io calzavo sempre questi ultimi per rafforzare i muscoli delle gambe.

Lo facevo da giovane ad Okinawa, e non vedevo alcun motivo per cambiare ora che facevo il pendolare per il mio lavoro alla banca. I “geta” ad un dente che calzavo erano tagliati in legno molto duro e facevano un gran rumore ad ogni passo, forte quanto quello dei “geta” di metallo di alcuni di coloro che si allenano nel karate oggi. Indubbiamente i passanti nelle strade mi guardavano ridendo fra sé e sé, divertiti dal fatto che un uomo della mia età dovesse essere così vanitoso da voler aumentare la sua altezza. Dopo tutto, avevo ben più di cinquant’anni all’epoca. Assicuro comunque i miei lettori che il mio scopo non era la vanità, consideravo i miei “geta” ad un dente una necessità per il mio allenamento quotidiano.

Col passare delle settimane e dei mesi, Tokyo cominciò ad essere ricostruita, ed alla fine arrivò il momento in cui ci rendemmo conto che il nostro dojo era in uno stato di vera rovina. Il Meisei Juku era stato costruito intorno al 1912 o 1913, e niente gli era stato fatto per molto tempo. Fortunatamente, ci fu concesso del denaro dal governo prefettizio di Okinawa e dalla Società di Cultura di Okinawa per attuare le riparazioni più urgenti.

 Ma naturalmente dovevamo trovare nuovi ambienti mentre il Meisei Juku fosse stato rimesso a nuovo. Avendo sentito che avevo bisogno di locali per l’allenamento, Hiromichi Nakayama, grande istruttore di scherma e buon amico, mi offrì l’uso del suo dojo quando non era usato per la pratica della scherma. Inizialmente affittai una piccola casa vicino al dojo di Nakayama , ma presto potei affittarne una più grande con un vasto cortile dove io e i miei allievi potevamo allenarci.

Venne comunque, il giorno in cui questa sistemazione divenne inadeguata. Il numero dei miei allievi cresceva, ma così pure il numero degli allievi di scherma. La conseguenza era che io recavo disturbo al mio benefattore. Sfortunatamente, la mia situazione finanziaria era ancora precaria e non potevo fare ciò che era logicamente desiderabile, costruire un dojo specificatamente per il karate.

Fu intorno al 1935 che un comitato nazionale di sostenitori del karate sollecitò abbastanza fondi per il primo dojo di karate mai eretto in Giappone. Non fu senza un minimo di orgoglio che, nella primavera del 1936, entrai per la prima volta nel nuovo dojo (a Zoshigaya, quartiere Toshima) e vidi sulla porta un’insegna recante il nuovo nome del dojo: Shotokan. Era questo il nome che aveva deciso il comitato; non pensavo mai che esso volesse scegliere lo pseudonimo che usavo da giovane per firmare i poemi cinesi che scrivevo.

Ero triste, anche perché avrei voluto sopra a ogni cosa che i miei maestri Azato e Itosu venissero ad insegnare nel nuovo dojo. Ahimè!, nessuno dei due era più su questa terra, così il giorno che il nuovo dojo fu aperto ufficialmente, bruciai dell’incenso nella mia stanza e pregai per le loro anime. Agli occhi della mia mente, quei due grandi maestri sembravano sorridenti, mentre dicevano: ” Buon lavoro Funakoshi, buon lavoro! Ma non fare l’errore di compiacerti di te stesso, poiché hai molto da fare. Oggi, Funakoshi, è solo l’inizio! ” .

L’inizio? Avevo allora quasi settant’anni. Dove avrei trovato il tempo e la forza per fare tutto ciò che ancora doveva essere fatto? Fortunatamente non vedevo né sentivo la mia età, e decisi, come i miei insegnanti mi chiedevano, di non cedere. C’era ancora, mi avevano detto, molto da fare. In un modo o nell’altro, l’avrei fatto.

Uno dei miei primi compiti, con il completamento del nuovo dojo, fu di preparare una serie di regole da seguire ed un programma di insegnamento. Formalizzai anche i requisiti per i gradi e le classi (” dan” e “kyu” ). Il numero dei miei allievi cominciò a crescere di giorno in giorno, così che il nostro nuovo dojo, che era sembrato più che adatto ai nostri bisogni all’inizio, ora lo diventava sempre meno.

Benché, come dico, non sentissi la mia età, mi resi conto che non potevo assolutamente adempiere a tutti i doveri che si stavano costantemente accumulando. Non solo c’era il dojo da dirigere, ma anche le università di Tokyo stavano ora formando gruppi di karate nelle loro sezioni di educazione fisica, e questi gruppi avevano bisogno di istruttori. Chiaramente, era troppo per un uomo soprintendere al dojo e viaggiare da università a università, così incaricai gli allievi anziani di insegnare nelle oro università al posto mio. Nello stesso tempo, assunsi il mio terzo figlio come assistente, delegandogli i compiti quotidiani di amministrazione del dojo, mentre io sovrintendevo l’insegnamento sia li che nelle università.

Dovrei puntualizzare che le nostre attività non erano limitate a Tokyo. Molte cinture nere del mio dojo come molti karateka delle università si impegnarono nei centri e nelle cittadine della provincia, con il risultato che il karate divenne noto in tutto il paese e furono costruiti un gran numero di dojo. Ciò mi conferì ancora un’altra missione, poiché col diffondersi del karate io ero costantemente assillato da gruppi locali per spostarmi qui e là a tenere conferenze e dimostrazioni. Quando ero via per qualche tempo, lasciavo la direzione del dojo nelle buone mani dei miei allievi più anziani.

Mi è stato spesso chiesto come è successo che io scegliessi lo pseudonimo di Shoto, che divenne il nome del dojo. La parola ” Shoto ” in giapponese significa letteralmente ” onde di pino ” e così non ha un grande significato arcano, ma vorrei dire perché la scelsi.

La città fortificata di Shuri dove sono nato è circondata da colline con foreste di pini delle Ryu kyu e vegetazione sub-tropicale, fra cui il Monte Torao, che apparteneva al Barone Chosuke ( il quale, di fatto, divenne uno dei miei primi mecenati a Tokyo ). La parola “torao ” significa ” coda di tigre ” ed era particolarmente appropriata poiché la montagna era molto stretta e così foltamente boscosa che vista da lontano sembrava piuttosto la coda di una tigre. Quando aveva tempo, solevo passeggiare sul Monte Torao, talvolta di notte quando la luna era piena o quando il cielo era così limpido che si stava sotto una volta di stelle. A quei tempi, se accadeva che ci fosse anche un po’ di vento, si poteva udire lo stormire dei pini e sentire il profondo, impenetrabile mistero che si trova all’origine di tutta la vita. Per me il mormorio era una specie di musica celestiale.

Poeti di tutto il mondo hanno cantato le loro canzoni sul mistero che si trova nei boschi e nelle foreste, ed io ero attratto dalla seducente solitudine di cui essi sono il simbolo. Forse il mio amore per la montagna era intensificato poiché io ero stato figlio unico e fragile fanciullo, ma penso che sarebbe stato esagerato definirmi un “solitario”. Tuttavia, dopo un’intensa seduta di pratica di karate, volevo solo uscire e passeggiare in solitudine.

In seguito, quando fui ventenne e lavoravo come maestro a Naha, andavo frequentemente in una stretta, lunga isola nella baia che vantava uno splendido parco naturale chiamato Okunoyama, con maestosi alberi di pino e un grande stagno con fiori di loto. La sola costruzione sull’isola era un tempio Zen. Anche qui solevo venire frequentemente a passeggiare da solo fra gli alberi.

Da quell’epoca ho praticato karate per alcuni anni, e divenendo più familiare con l’arte sono ora più conscio della sua natura spirituale. Godere la solitudine ascoltando il vento fischiare attraverso i pini era, mi sembrava, un’eccellente maniera per raggiungere la pace della mente che il karate richiede. E dato che ciò è stato parte del mio modo di vivere dalla più tenera fanciullezza, decisi che non c’era nome migliore di Shoto con cui firmare le poesie che scrivevo. Col passare degli anni, questo nome divenne, ritengo, meglio conosciuto di quello che i miei genitori mi diedero alla nascita, e spesso mi sono accorto che se non avessi scritto Shoto accanto a Funakoshi la gente non sarebbe stata portata a sapere chi fossi”.

—Gichin Funakoshi “Shoto”

 

 

 

 

 

 

Il termine “Shotokan”

Il primo dojo di karate è costruito nel 1938 dagli allievi di Funakoshi, che si sono tassati per molti anni a questo scopo e si appoggiano alla rete degli ex-allievi delle loro università. G. Funakoshi chiama questo dojo “Shotokan” (La casa nel fruscio della pineta).

Il periodo dello Shotokan (dal 1938 al 1945), nasce il primo marzo 1938, proprio quando il dojo Shotokan viene costruito. Esso diventa il centro dell’insegnamento del karate di G. Funakoshi ed è frequentato da numerosi adepti fino all’inizio della seconda guerra mondiale. Sarà distrutto dal bombardamento del marzo 1945.

Perchè il nome “Shotokan”?

G. Funakoshi componeva fin da giovane delle poesie, ne calligrafava con notevole arte; egli aveva scelto come pseudonimo di calligrafo Shoto (fruscio della pineta). II suo paese natale era infatti dominato dal castello di Shuri, che era prolungato da colline e da monti coperti da foreste di pini. Questi formano una lunga catena chiamata Kobisan (Monti della coda di tigre). G. Funakoshi aveva l’abitudine, in gioventù, di passeggiarvi spesso, di giorno e anche di notte, al chiaro di luna o sotto le stelle. Il fruscio dei pini lo accompagnava da allora. Firmando Shoto le sue poesie calligrafate, il ricordo del canto della pineta lo riportava ai sentimenti dell’infanzia e della giovinezza. E quando egli sceglie Shoto come nome del suo dojo di karate, vuole ancora legare l’immagine del fruscio della pineta alla via che segue nel karate. “Amerei proseguire la via del karate, cosi come la vita, nella grazia della verità intrinseca alla calma del fruscio dei pini”, scrive Funakoshi.

E’ nella primavera del l938 che egli affigge l’insegna “Shotokan” (kan significa casa o dojo) davanti al suo dojo. Questo nome sarà in seguito utilizzato per designare la sua scuola. G. Funakoshi ha 70 anni.

L’influenza di Yoshitaka nello Shotokan

Funakoshi stabilisce un sistema di “kyu” e di “dan” per designare i gradi degli allievi ed elabora i corsi che vengono tenuti dai suoi allievi anziani. Delega, in ogni università, la responsabilità dell’insegnamento all’allievo anziano più avanzato nel karate e quella del dojo Shotokan al suo terzo figlio, Yoshitaka. Il lavoro di Funakoshi consiste nell’andare ogni giorno nelle varie università per dare consigli e per insegnare.

Già più di una decina di università si sono affiliate allo Shotokan. La sua scuola comincia ad allargarsi, al di fuori di Tokyo, con il trasferimento in provincia dei suoi allievi anziani. Funakoshi effettua quindi, di tanto in tanto, un viaggio d’insegnamento più o meno lungo. Uno dei figli di G. Funakoshi, Yoshitaka, si è formato al karate con lo scopo di prepararsi a succedere a suo padre alla testa dello Shotokan.

“… Il suo terzo figlio, Yoshitaka, è arrivato a Tokyo all’età di quindici anni circa. Dapprima ha lavorato come apprendista carpentiere a Senju, grazie alla raccomandazione di M. Yamada. Ma, pensando che questo lavoro non gli si confacesse, M. Himotsu, all’epoca studente università di Tokyo, lo ha invitato a studiare nel laboratorio di radiologia dell’università, dove ha ottenuto il diploma di tecnico in radiologia… Yoshitaka ha cominciato a praticare il karate per iniziativa di suo fratello maggiore Yoshihide, che è arrivato a Tokyo un po’ più tardi. Quest’ultimo lavorava in una piccola bottega situata al ministero delle finanze. E’ lui che ha persuaso suo padre e suo fratello minore della necessità di formare Yoshitaka come successore del padre, poiché questi invecchiava. Così Yoshitaka è rientrato ad Okinawa per un soggiorno di un mese, poi ha cominciato ad insegnare il karate-jutsu dopo aver lasciato il laboratorio di radiologia…” (H. Otsuka).

Benché di salute cagionevole fin dall’infanzia, Yoshitaka diventa alla fine, al prezzo di sforzi appassionati, un esperto incontestabile della propria arte. Egli apporta al karate di suo padre parecchie modifiche, che quest’ultimo non sempre apprezza. Yoshitaka introduce maggiore ampiezza e dinamismo nell’esecuzione delle tecniche. Lo stile attuale dello Shotokan proviene più da Yoshitaka che da suo padre. Ecco alcune testimonianze su questo punto e sulla personalità di Gichin Funakoshi.

F. Takagi (nato nel 1920), ex-segretario generale della WUKO (World Union of Karate-do Organisation): “Il Maestro Yoshitaka era incontestabilmente forte. Una parte importante del nostro karate Shotokan proviene da lui… “G. Funakoshi non era un karateka, per lo meno non un tecnico del karate. Per noi era tanto un maestro di vita quanto un adepto di karate”.

Fra le modifiche apportate al karate Shotokan, Yoshitaka Funakoshi prende l’iniziativa di introdurre l’esercizio del combattimento libero nel suo insegnamento, cosa che riesce male accetta a suo padre. Di fatto si acuisce sempre più il divario tra i modi di praticare e di insegnare il karate del padre e quelli del figlio, tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello morale. Yoshitaka e alcuni adepti dello Shotokan, nel corso di un viaggio ad Osaka, fanno un allenamento comune con adepti di Goju-ryu (un altro stile di Karate). Essi organizzano un incontro di combattimento libero, cosa naturale in quell’epoca, in cui la tensione militarista era forte nelle giovani generazioni. Gli incontri tra le diverse scuole portavano facilmente allo scontro reale; per di più non vi era ancora alcuna regola per i combattimenti di karate. In breve, nel corso di questo combattimento la disfatta di Yoshitaka e dei suoi amici è innegabile. Secondo diverse testimonianze, è al ritorno da questo viaggio che Yoshitaka prende l’iniziativa di introdurre l’esercizio del combattimento libero nell’allenamento dello Shotokan, ed elabora tecniche e strategie per il combattimento libero. Il suo atteggiamento di ricerca dell’efficacia nel Karate scava un fossato tra lui e suo padre.

Ecco la testimonianza di H. Namekawa, professore di francese all’università Nihon, che fu allievo dello Shotokan durante la guerra: “All’epoca ero un giovane principiante inesperto, allievo del Maestro Yoshitaka Funakoshi. Ci faceva molta paura. Era stato rimpatriato dalla Cina, probabilmente a causa del suo stato di salute, ed era già stato colpito dalla malattia di cui morì alcuni anni più tardi. Quando non era contento del nostro modo di eseguire gli esercizi, ci diceva con collera: “Credete che potreste uccidere degli uomini con queste tecniche pietose? Io ho ucciso con le mie mani numerosi cinesi quand’ero in Cina. Non è facendo come voi che si arriva ad uccidere”. Io avevo veramente paura, mi faceva pensare al muso di un toro. Ma, dopo il corso, suo padre lo chiamava in un angolo e gli parlava severamente: “Perché dici delle cose simili ai tuoi giovani allievi? E’ vergognoso. Il karate non è fatto per uccidere degli uomini, come tu pretendi di credere”. Mi ricordo del Maestro G. Funakoshi, era già anziano ed era una persona dolce e rispettabile”.

G. Funakoshi, mentre il Giappone e già in guerra con la Cina dal 1937, scrive “I venti precetti della via del karate” .

Lo shotokan dopo la guerra mondiale

Nel 1945 il dojo Shotokan, sette anni dopo la sua costruzione, è annientato sotto i bombardamenti americani; Yoshitaka si ammala gravemente e nel 1947 muore. La guerra termina, lasciando il Giappone in un disordine desolante. G. Funakoshi, a 80 anni, ritorna a Tokyo. I suoi allievi anziani usciti da università diverse cominciano a raggrupparsi per riformare la scuola Shotokan. Nel 1949 si costituisce la Japan Karate Association (J.K.A.) con alla testa Gichin Funakoshi, dell’età di 81 anni. Sembra, per un momento, che l’unità della scuola Shotokan sia stabilita. Ma, dagli inizi degli anni Cinquanta, le divergenze di opinione sui modi di praticare e di insegnare il karate ed anche sull’organizzazione della scuola, suscitano conflitti. Il numero dei praticanti continua tuttavia ad aumentare di anno in anno. Le contraddizioni in seno alla scuola scoppiano quando Gichin Funakoshi muore nel 1957, all’età di 89 anni.

Le correnti dello Shotokan

La valutazione positiva della scuola Shotokan è generalmente legata all’aspetto dinamico dei movimenti. In effetti, l’esagerazione delle posizioni basse e l’ampiezza dei movimenti danno la possibilità di sviluppare la forza muscolare che è necessaria per prepararsi ad una pratica duratura. Anche se nella realtà del combattimento non si ha bisogno di fare questo o quel movimento, esagerandone l’ampiezza gestuale e la forza, si allena l’efficacia al combattimento reale.

Su questo piano, lo stile di allenamento dello Shotokan è molto esigente.

Il dispendio energetico è maggiore nello Shotokan che nelle altre scuole a causa del tipo di allenamento, cosa che costituisce il suo merito.

G. Funakoshi era contrario agli esercizi di combattimento libero fin dall’inizio del suo insegnamento; Ebbe di tanto in tanto dei conflitti con giovani allievi che erano tentati di misurare le proprie capacita in combattimento dopo qualche anno di apprendistato del karate. Molti allievi cercavano di praticare il combattimento libero in assenza di G. Funakoshi. Suo figlio Yoshitaka era tra coloro che tentavano di elaborare delle tecniche di combattimento libero.

E’ questa una delle ragioni principali delle divergenze relative alla concezione e alle forme di pratica del karate che si sono estese in seno alla scuola Shotokan dopo la morte di questi due maestri.

La Japan Karate Association fu formata, all’origine, da un raggruppamento di dirigenti dei club di karate universitari, tra i quali esistevano tre correnti importanti.

Al momento della sua scissione, una prese il sopravvento sulle altre due, che si ritirarono. Ognuna delle tre, sviluppando le proprie particolarità, si proclamò l’erede autentica della trasmissione di G. Funakoshi. Per questo la scuola Shotokan non è oggi rappresentata da un solo gruppo. Essa comprende diverse correnti, di cui le tre principali sono:

  • La Japan Karate Association (J.K.A.)
  • Il gruppo Shotokai (Associazione Shoto)
  • Il gruppo universitario.

La «Japan Karate Association», J.K.A.

E’ principalmente diretta da ex-allievi dell’università Takushoku.

La J.K.A. è la corrente della scuola Shotokan più conosciuta al di fuori del Giappone. Questa corrente ha sviluppato uno stile unificato e un sistema di competizione di kata e di combattimento. Oggi costituisce un’organizzazione internazionale indipendente. La sua affiliazione alla “World Union Karatedo Organisation” è spesso evocata, ma non è ancora realizzata. Essa organizza attualmente il proprio “Campionato del mondo” con kata e combattimenti. I kata vengono eseguiti con gesti ampi, il corpo in posizione bassa, le gambe ben divaricate. Vengono cercate un’espressione di potenza e una certa estetica del movimento. Le variazioni di ritmo – come: rapido, lento, con tempi di arresto – sono apprezzate. Il loro valore è riconosciuto come base di partenza per sviluppare, attraverso grandi movimenti, la stabilità e la potenza di cui si avrà bisogno per andare lontano nella via del karate.

Il gruppo Shotokai

Lo Shotokai è oggi spesso considerato come una scuola indipendente dallo Shotokan, ma all’inizio era identica. Shotokai significa “Associazione (kai) di Shoto” e, in origine, le due denominazioni Shotokan e Shotokai erano utilizzate dallo stesso gruppo di persone che si allenavano sotto la direzione di G. Funakoshi. E’ dopo la scissione della prima J.K.A., che le due denominazioni cominceranno a riflettere differenze di stili. Il gruppo Shotokai è diretto fin da quest’epoca da Shigeru Egami, uno dei migliori discepoli di G. Funakoshi.

Questo gruppo ha conosciuto un importante sviluppo all’università Waseda, a Tokyo, da cui proviene S. Egami. Questa Università privata, di buona reputazione, contava anche un gruppo che faceva parte della J.K.A. Ma oggi l’università Waseda ha il proprio stile di karate che rimane più vicino allo stile insegnato da Gichin e Yoshitaka Funakoshi, pur includendo la partecipazione a competizioni di combattimento. Ha quindi molti aspetti comuni con la terza corrente.

S. Egami utilizzava le due denominazioni, Shotokai per designare il gruppo, Shotokan per il suo dojo, come era d’altronde la logica d’origine. Lo stile di S. Egami si è evoluto considerevolmente, e si distingue tanto da quello di G. Funakoshi quanto da quello della J.K.A. Per questo lo Shotokan e lo Shotokai sono diventati, nel corso della loro evoluzione, due scuole differenti. In effetti, S. Egami ha modificato considerevolmente il karate che aveva imparato da G. Funakoshi, rispettando pero le idee fondamentali di quest’ultimo. L’apporto di S. Egami è variamente valutato dagli adepti dello Shotokan, alcuni dei quali lo considerano come uno sviluppo positivo del karate di Funakoshi ed altri come una deformazione.

I gruppi universitari

Esistono varie correnti di Shotokan nell’ambiente universitario giapponese, giacché lo Shotokan si è sviluppato fin dall’inizio nei circoli universitari. Ogni università mantiene la propria tradizione di Shotokan, con un’organizzazione di ex-allievi, i più anziani dei quali conservano il ricordo di G. Funakoshi. Tra questi gruppi, la corrente dell’Università Keio è la più vecchia, e trasmette gli insegnamenti più antichi di G. Funakoshi. La corrente Keio è poco conosciuta al di fuori del Giappone. Il gruppo dell’Università Keio faceva all’inizio parte della stessa corrente di quello dell’Università Waseda, ed entrambi si collocano oggi al di fuori della nuova J.K.A. Ma la sua influenza non si è estesa al di fuori di questa università. La corrente dello Shotokan-Keio rimane poco appariscente, per quanto riguarda l’espansione verso l’esterno, ma è solidamente organizzata attraverso la discendenza di ex-allievi e studenti. I suoi aderenti danno molta importanza alla pratica del combattimento in stile J.K.A.; tuttavia praticano i kata esagerandone meno le espressioni di dinamismo. La posizione del corpo è più alta, le gambe sono meno divaricate, i movimenti tecnici sono più piccoli, cosa che rende questo stile meno spettacolare di quello della J.K.A. Il karate di questa università è importante per capire l’evoluzione dello Shotokan, poiché è la prima in cui Funakoshi ha insegnato, ed è quella che, nel corso della sua evoluzione, ha conservato più tracce dell’insegnamento iniziale. La situazione attuale della scuola Shotokan è perciò complessa. Queste tre correnti costituiscono in Giappone un’unità dinamica, lo Shotokan, con conflitti e influenze reciproci. Al di fuori del Giappone, la J.K.A. ha conosciuto una larga espansione internazionale dagli anni Sessanta ed è lei che rappresenta l’immagine globale dello Shotokan.

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